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OSSIGENO

FreeWater: la rivoluzione dell’acqua. Conversazione con Albert Prewitt

Il futuro del marketing passa attraverso una bottiglia d’acqua offerta gratis. Ce lo svela Albert Prewitt, socio fondatore di FreeWater, startup statunitense che ha saputo fare proprio il principio del costo-opportunità del Premio Nobel Milton Friedman non solo per produrre un profitto equo e sostenibile, ma soprattutto per supportare una non-profit come Save the Refugees e per azzerare la sete nel mondo.

di Sandro Di Domenico

da Ossigeno 11

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Sabbia, vento e lande desolate. Questo era il vecchio e selvaggio West. Migliaia di chilometri che cowboy e carovane di avventurieri, con il sogno americano nel taschino, percorrevano con la speranza di trovare fortuna. La dolce costa del Pacifico come ultimo approdo e un’insegna ricorrente sistemata all’ingresso di sparuti saloon a far da miraggio: recitava Free Meal, soave inganno di pace e ristoro sul polveroso cammino. A smascherarlo ci ha pensato cent’anni dopo Milton Friedman, premio Nobel e padre dell’economia moderna, spiegando al mondo il principio del costo-opportunità: attenti viandanti, perché i pasti gratis, molto semplicemente, non esistono. Perché se nel selvaggio West il piatto di fagioli offerto dai saloon si ripagava con le monete d’argento del whisky e del fieno con cui rimettere in forze i cavalli, è dall’alba dei tempi, Adamo ed Eva compresi, che c’è sempre un prezzo nascosto per la mela succulenta o il lauto pasto offerto in dono con charme.

Resta un dubbio, però. Se i pasti gratis non esistono, cosa dire dell’acqua? Possiamo fidarci di un’insegna che recita Free Water ai bordi della strada, o in cima a un distributore automatico?
È una startup fondata nel 2020 ad Austin, Texas, dove un tempo c’erano soltanto sabbia, vento e lande desolate, a rispondere che è possibile. Si può offrire acqua di fonte gratis, e si può anche confezionare in cartoni riciclabili o bottiglie di alluminio da riutilizzare. Non solo; per ogni bottiglia, FreeWater dona dieci centesimi di dollaro in opere di beneficenza, per provare a risolvere il problema della sete nel mondo.

Può sembrare uno scherzo, ma negli Stati Uniti è già realtà. Seppur limitata, per ora, al Nord America. L’idea geniale, che una volta diffusa su scala mondiale potrebbe aiutare a salvare la vita di oltre trentasei milioni di persone che non hanno accesso all’acqua, è venuta a Josh Cliffords, the unconventional entrepreneur come lo hanno ribattezzato i giornali americani, la cui fonte di ispirazione sono stati geni visionari come Nikola Tesla e Elon Musk. Cliffords ha avviato la sua carriera a nove anni, vendendo in strada limonate fresche ottenute spremendo limoni dall’albero del giardino. Ma ben presto il giovane Josh si è reso conto che, offrendola gratis, riusciva a ricavare di più. Riusciva ad attrarre acquirenti per le sue ben più costose figurine di baseball. Un anno dopo, nel 1995, a dieci anni, aveva già convinto i genitori a investire in Microsoft, e neppure trentenne aveva completato il giro delle Americhe e dell’Europa dove nel 2015, a Belgrado, ha fondato Save the refugees, organizzazione non-profit impegnata ad aiutare i migranti in fuga dall’Europa orientale attraverso la rotta dei Balcani.

Il suo socio e braccio destro Albert Prewitt riassume così la storia di Cliffords: «Con Save the refugees, Josh è arrivato ad aiutare fino a diecimila persone l’anno, ma ha capito che il sistema non-profit da solo non può durare nel tempo. “Altrimenti la Croce Rossa avrebbe già salvato il mondo”, come ama ripetere. Per questo ha pensato di adottare un nuovo approccio con FreeWater. Voleva fare in modo che donare in beneficenza fosse facile come mangiare una fetta di pizza, o bere un sorso d’acqua. Perché, parliamoci chiaro, c’è una ragione di fondo per cui le non-profit non sempre riescono a raggiungere i propri obiettivi e risiede nel fatto che, quando finiscono le donazioni, sono costrette ad arrestarsi, a smettere di operare. Non possono più farci nulla. Il modello FreeWater è in grado di garantire un flusso continuo di denaro da investire in una non-profit di qualità e con un’alta percentuale di successo: Well Aware, organizzazione senza fini di lucro specializzata, con una percentuale di successo del 100%. Grazie a loro abbiamo finanziato e costruito in Kenya il nostro primo sistema di approvvigionamento idrico, che raccoglie l’acqua piovana, in una scuola elementare».

Il trucco c’è, anche se non si vede. Senza bisogno del Nobel, Cliffords l’ha scoperto regalando limonate da bambino. Così, una volta diventato grande, ha prima trasformato il vecchio mantra di Milton Friedman in non esistono bottiglie d’acqua gratis, e infine ha deciso di rivoluzionarlo a fin di bene. «Noi – spiega Prewitt – consideriamo la nostra startup come il futuro del marketing. Molto semplicemente, trasformiamo il packaging del prodotto in uno spazio pubblicitario e utilizziamo i ricavi di questa pubblicità per coprire tutti i costi di produzione. E pensiamo che questo sistema possa essere applicato a tanti beni di consumo disponibili oggi nei centri commerciali. Nelle nostre ambizioni l’acqua è soltanto il primo di tanti prodotti che, un giorno, potrebbero riempire gli scaffali di veri e propri supermercati gratuiti».
Immaginate per un momento un mondo in cui, ai cartelli Free Meal e Free Water, si sostituiscano le insegne: Free Supermarket. Ecco, ora state guardando il mondo dalla stessa prospettiva di Cliffords e soci.

«Siamo operativi dal 2021, e finora abbiamo prodotto settantamila bottiglie d’acqua gratis. Non appena avremo dimostrato che questo modello ha successo qui ad Austin – continua Prewitt – non sarà difficile diffonderlo non soltanto negli States, ma in tutto il Nord America. Il nostro primo obiettivo è il Canada, dove abbiamo già preso contatti con alcuni produttori in modo da avere tutto quello che ci occorre per avviare la distribuzione». FreeWater, infatti, non è proprietaria delle sorgenti da cui proviene l’acqua imbottigliata e distribuita, ma molto semplicemente la paga a prezzi negoziati con i proprietari delle fonti, eppure riesce a offrirla gratis. Questo la dice lunga sui costi effettivi delle bottiglie in vendita nei supermercati di tutto il mondo, ed è anche il motivo per cui FreeWater è una startup piuttosto scomoda per la concorrenza. «La ragione per cui niente del genere è stato mai fatto prima – conferma Prewitt – è che offrire acqua gratis non sarebbe nell’interesse di grandi marchi come Nestlé e gli altri. L’interesse delle grandi compagnie produttrici è piuttosto quello di offrire bottiglie d’acqua al costo di due o anche tre dollari, ovvero due o tremila volte il prezzo dell’acqua di rubinetto. E la siccità e i cambiamenti climatici rischiano di far aumentare i prezzi rendendo un bene primario come l’acqua sempre più costoso. Un bene per cui, in futuro, forse si combatteranno guerre».

È da queste premesse che nasce l’impresa di FreeWater. Offrire pubblicità per un dollaro a bottiglia, prezzo che sale per gli investitori fino a un massimo di un euro e sessanta centesimi per i modelli in alluminio, con dieci centesimi di dollaro destinati a costruire pozzi o sistemi idrici nei paesi in via di sviluppo. Ma come si attrae la pubblicità che poi si ritrova sugli involucri delle bottiglie? «Di solito le persone si accorgono di noi attraverso i social media. Dietro il progetto c’è un gran lavoro del settore marketing» rivela Prewitt, che spiega: «Una volta arrivati sul nostro sito web, chi è interessato a fare pubblicità attraverso FreeWater compila un breve questionario e viene ricontattato. Cerchiamo di capire insieme quali sono gli obiettivi del cliente e, in base al budget, ragioniamo sul numero e sulla tipologia di bottiglie più adatte per raggiungere gli obiettivi prefissati. Possiamo consegnare le bottiglie al cliente, portarle in negozi, in ristoranti, in bar, oppure distribuirle noi stessi con campagne di guerrilla marketing nelle strade più trafficate di Austin. Questa è soltanto la fase uno della startup. Presto lanceremo la fase due: i distributori automatici. Attraverso un’applicazione sul telefono chiunque, inquadrando un QR code, potrà ritirare dai nostri distributori fino a tre bottiglie di acqua gratis al giorno, dopo aver visto tre brevi video-spot».
E i video delle persone che ricevono incredule, per le strade degli Stati Uniti, cartoni e bottiglie di alluminio di acqua di fonte gratis, sono diventati virali su Instagram e TikTok. Uno di questi l’ha girato proprio Albert Prewitt, totalizzando nove milioni di visualizzazioni: «Sì, si trattava semplicemente di una ragazza che faceva jogging e a cui porgevo una bottiglia per rinfrescarsi. A quel punto lei si è fermata e ha cominciato a chiederci come mai offrissimo acqua gratis. Pubblichiamo spesso video con le reazioni stupefatte della gente. Sai, quando ti offrono qualcosa per strada si tende a credere ci sia sempre un trucco da qualche parte, ma nel caso di FreeWater il trucco non è niente altro che un diverso modello di business. Così, i nostri canali social sono cresciuti vertiginosamente – ora abbiamo quasi 380 mila followers su TikTok – e questo ci aiuta molto. Quando regaliamo una bottiglia e spieghiamo che a pagare è la pubblicità sulla confezione, e che bevendola ci aiutano a donare dieci centesimi in beneficenza, rimangono semplicemente a bocca aperta».

Per Cliffords, Prewitt e gli startupper di FreeWater il calcolo è semplice: «Nel mondo, ottocento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, e quaranta milioni di persone all’anno muoiono per q uesto motivo. Noi vogliamo aiutare a costruire nuovi sistemi idrici in queste aree depresse. Se solo il 10% degli americani, circa trentatré milioni di persone, bevesse la nostra acqua che poi è gratis, riusciremmo a mettere fine alla crisi globale dell’acqua in pochi anni. Per farlo servono dagli otto ai dieci miliardi di dollari, ma se trentatré milioni di persone in America bevessero anche solo una volta all’anno una bottiglia della nostra acqua, riusciremmo a donare tre miliardi e mezzo di dollari in beneficenza». Sembra un discorso politico e in fondo, nella scelta della pubblicità da stampare sulle sue bottiglie, FreeWater una scelta di campo l’ha fatta. «Ad Austin – avverte Prewitt – c’è una grossa parte di popolazione senzatetto. Abbiamo organizzato in passato eventi con l’Esercito della Salvezza, e avuto come clienti organizzazioni religiose e caritatevoli il cui target, se così possiamo chiamarlo, sono proprio le persone in difficoltà».
È ovvio quindi che anche la raccolta pubblicitaria diventa un discorso di opportunità per chi vuole agire in modo etico, e il fatto di essere una startup non ne modifica l’approccio. «Scegliamo convintamente imprese dalla reputazione cristallina», conferma il braccio destro di Cliffords, che puntualizza: «Non abbiamo mai pubblicizzato messaggi dalla morale dubbia o che possano comportare rischi per la salute delle persone, come i messaggi dell’industria delle armi, e ci siamo posti anche il problema della pubblicità politica. Non veicoleremo mai bugie sfacciate, o anche messaggi diffamatori, falsi o calunniosi».

Mettendo da parte i politici, a contattare FreeWater sono già stati gruppi importanti come Hewlett Packard, JP Morgan e la catena di hotel Hilton. E oltreoceano? «Questo è il bello dei social media – si illumina Prewitt – ci contattano aziende anche dall’Asia e dall’Europa. Siamo ancora una nuova startup, ma abbiamo grandi progetti, non solo per l’America. Ad esempio, ultimamente ci ha contattato Air France per il lancio di un nuovo collegamento aereo con gli Stati Uniti. Ma dall’Italia, la prima telefonata che riceviamo è la vostra».

 

WEBLIOGRAPHY

Report on the scarcity of drinking water in the world:
www.water.org

World Health Organization, Children: Reducing Mortality, 2019:
www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/children-reducing-mortality

Simon Cocking, FreeWater aims to be the world’s first free beverage company, 2020:
www.irishtechnews.ie/freewater-worlds-first-free-beverage-company

Sara Cravatts, The Unconventional Entrepreneur Trying to Make Essential Products Free, 2022:
blog.hubspot.com/the-hustle/entrepreneur-trying-to-make-essential-products-free

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