Ossigeno #11

39 alle arti, fedele a Brecht nel considerare l’arte come l’ultima linea di difesa dell’umanità – con uno statement che fu dissetante e sacrosanto: «Sono un artista, e se dirigo un’istituzione culturale sono nel posto in cui devo essere. �uesto è uno di quei momenti in cui si pensa che un artista sia una figura che usa il pennello per creare graziose decorazioni. No, un artista è esattamente come Leonardo Da Vinci, come il Bernini, come Pasolini: uomini di vasta cultura con conoscenze trasversali; persone che, per poter fare una cosa, ne devono saper fare dieci». Gli racconto che dove abito c’era un minimarket, parecchio in voga tra i nonni che ti ci spedivano almeno una volta al giorno, che si chiamava Non tutto ma di tutto, esempio di tutta l’accoglienza poetica che porta con sé il vernacolo (quel minimarket è diventato oggi una sala scommesse, il che la dice lunga, ma questa è un’altra storia). E mi riaggancio alla parabola luminosa di Adriano Olivetti, che nella sua azienda assumeva sempre a terne di professionalità – un economista, un tecnico e un umanista – per poter mantenere fertile il dialogo interdisciplinare, citando le parole di un altro suo editoriale, dove Tosatti scrisse della necessità di una riforma scolastica che potesse fare leva su educatori dalla cultura multiforme come innesco per una reale, armoniosa evoluzione, «perché non c’è verso che io possa spiegare l’estetica senza la meccanica quantistica». H2O, due parti di idrogeno e una di ossigeno, per dare vita al composto che per antonomasia dà la vita. Posto che l’arte non potrà mai essere una formula, mi piacerebbe tuttavia sapere quali siano per Tosatti l’idrogeno e l’ossigeno, gli elementi sine qua non, che compongono la struttura altrettanto vivifica dell’artista, e mi rendo conto di quanto per lui, come per l’acqua, semplicemente non possano esistere separazioni stagnanti: «Credo che il problema, in questi ultimi decenni, sia stato proprio il voler dividere le molecole. Gli uomini tendono a pensare semplicemente. Come se 1+1 facesse semplicemente 2. E invece non è così. Il due non è la somma di 2 unità. È tutto un altro concetto. Un uomo e un altro uomo, quando sono insieme, non sono 2 singolarità. Sono compagni di viaggio (e quindi ecco che si aggiunge un elemento, il viaggio). Sono fratelli (ed ecco che si aggiunge un elemento, la famiglia, naturale o elettiva). Sono amanti (ed ecco che si aggiunge un elemento, l’amore). E potrei andare avanti a lungo… La storia dell’arte è fatta di quelle storie che da soli è molto difficile scrivere. Anche perché quel conto che non torna, quell’eccedenza che sta nel due rispetto alla semplice somma di 2 unità muove valenze come il viaggio, la famiglia, l’amore e tanti altri elementi che non abbiamo citato, e che potremmo all’infinito. Dice bene lei. Dall’unione di due gas piuttosto pericolosi per l’uomo, idrogeno e ossigeno, nasce l’elemento che consente la vita su questo pianeta. �uindi vede, non solo 1+1 non fa semplicemente 2, ma addirittura il due rovescia il valore dell’1+1. Così è per l’arte». E continua: «È per questo che, quando ero un ragazzo, ho lottato con tutte le mie forze per non essere ricondotto alla normalità – o a quella che si presumeva lo fosse. Si figuri, io a ventidue anni ero responsabile della pagina degli spettacoli su un quotidiano, ero un critico di teatro e di danza, dirigevo un gruppo di ricerca che affrontava i principi fisici della performance e avevo appena pubblicato, come curatore, il mio primo libro di teoria. Ero uno scandalo. Me lo ricordo bene. O scegli o ti molliamo. Me lo diceva chiunque, anche quelli a cui non avevo chiesto niente. Per il gusto di ribadire che un artista è un artista, un critico è un critico, un teorico è un teorico… Che miseria! E che ignoranza! Non avevano la benché minima consapevolezza che la tradizione artistica italiana elencava figure che vanno da Leonardo (fisico, pittore, ingegnere), a Michelangelo (scrittore, pittore, scultore, architetto), a Bernini (pittore, scultore, architetto, regista di teatro), fino a Pasolini (giornalista, poeta, regista cinematografico, drammaturgo) e a Testori (giornalista, critico d’arte, poeta, drammaturgo, regista)». «Effettivamente, poi, fu così: mi mollarono. Dicevano che non avevo le carte in regola per farcela. Me lo ricordo bene, suscitavo sfiducia. E così me ne andai a vivere altrove, in un paese che si faceva molti meno problemi di etichetta. Ci sono stato dieci anni. �uando sono tornato, molti di quelli che non avevano creduto in me non erano più in gioco. Forse avrebbero dovuto preoccuparsi un po’ più per se stessi. Oggi non devo più lottare per me. Però per gli altri sì. Ed è la ragione per cui ho assunto la responsabilità di dirigere la �uadriennale. L’obiettivo è quello di costruire le infrastrutture perché questo paese possa dare piena dignità ai suoi artisti, senza che debbano andare a rifugiarsi all’estero». Una chiamata alle arti, dicevamo. Tosatti me lo ribadisce nel momento in cui faccio mia la sua lezione sulla necessità di fluidità – identitaria, professionale, interrelazionale, interdisciplinare – come urgenti viatici di salvezza, e passo dalla chimica dell’acqua alla fisica dei liquidi, per domandargli di arte. «Un corpo immerso in un liquido subisce una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del liquido spostato»: è la cosiddetta Spinta di Archimede, legge che spiega perché, immersi in acqua, non affondiamo. Nel mare magnum dell’arte contemporanea (o sedicente tale, quando crede che basti proclamarsi artivisti tagliandocisi una ciocchetta di capelli a favore di fotocamera e in nome

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